Fermentazioni spontanee: il lato selvaggio del lievito nella birra
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Cos’è la fermentazione spontanea nella birra
Dopo aver parlato di lievito, pane e birre, concludiamo il discorso con un altro tipo di lievito (e non solo). L’altra volta si parlava di fermentazioni “controllate” (non so se si dica proprio così), quelle in cui avviene l’inoculo di ceppi selezionati di lievito Saccharomyces cerevisiae o di Saccharomyces pastorianus, per garantire risultati stabili e ripetibili. La cosiddetta ‘consistency’ su cui si basa, più in generale, l’identità dei prodotti di un marchio e che, a mio avviso, distingue chi lavora meglio nel mondo della birra artigianale.
Tuttavia, esiste anche un ecosistema affascinante e più “naturale”, al di fuori dei due ceppi menzionati prima, quello delle fermentazioni spontanee, dove il lievito non viene aggiunto manualmente, ma proviene dall’ambiente stesso. E dove i mastri birrai, quelli bravi, riescono a creare birre con un’identità definita e riconoscibile.
Il caso del Lambic: Cantillon e la magia del sottotetto
E subito il pensiero corre a Rue Gheude 56, più in particolare al quel particolare sottotetto dove si trovano le vasche di raffreddamento della Brasserie Cantillon. Tutti noi appassionati ci siamo andati in pellegrinaggio più di una volta. Fin lassù, attraverso un sistema di tubi collegato alla sala cottura al pian terreno, arriva il mosto bollente che, durante la notte, viene inoculato dai microrganismi selvatici, lieviti e batteri, trasportati dall’aria. Si tratta di un inoculo naturale, spontaneo, azionato da agenti di fermentazione selvatici e già presenti nell’aria del birrificio in cui abitano. Col mosto sotto i 40° di temperatura, questa fauna microscopica spontanea può sopravvivere, prosperare, creando i leggendari lambic di Cantillon.

La birra a fermentazione spontanea è il risultato dell’espressione pura dell’ambiente microbico di un birrificio. Si dice che i produttori di lambic del Belgio non tocchino neanche una ragnatela nel proprio birrificio, perché quella magia che è la fermentazione spontanea, avviene grazie a un concorso di “bestioline” (©Kuaska), microrganismi che vivono tra quelle mura, vanno protetti e lasciati in pace.
Dopo pochi giorni questi lieviti spontanei che hanno iniziato a cibarsi degli zuccheri contenuti nel mosto, danno il via alla fermentazione. Ed è un processo all’inizio molto violento, produce tanta schiuma, tumulto e pure rumore – ovvero CO2 –, al punto che i birrai devono attendere qualche giorno prima di sigillare le botti altrimenti potrebbero esplodere. E passeggiando in bottaia, si vedono sbuffi di schiuma uscire dai cocchiumi. Schematicamente (perché mi sono dilungata) il processo per fare una birra a fermentazione spontanea avviene così:
- Il mosto caldo viene versato in vasche aperte -dette coolship – e lasciato raffreddare lentamente a contatto con l’aria.
- Durante il raffreddamento, lieviti e batteri presenti nell’ambiente colonizzano il mosto nutrendosi dei suoi zuccheri.
- Inizia una fermentazione naturale e lenta, spesso in botti di legno (rovere, castagno mi pare i preferiti di Cantillon), che può durare mesi o anni.
Le bestioline
- Brettanomyces – lieviti selvaggi noti per aromi “funky” (cuoio, cantina, animale).
- Lactobacillus e Pediococcus – batteri lattici responsabili dell’acidità morbida.
- Saccharomyces cerevisiae – subentra nella fase finale per completare la fermentazione.
- Altri microrganismi selvaggi – Pichia, Kloeckera, Hanseniaspora, presenti inizialmente.
Esempi di birre spontanee
- Lambic e Gueuze (Belgio): le birre spontanee per eccellenza, prodotte solo in alcune zone del Pajottenland.
- Kriek, Framboise, ecc.: varianti fruttate del Lambic.
- American Wild Ales: reinterpretazioni moderne, spesso con blend di fermentazioni spontanee e inoculate.
- Berliner Weisse e Gose: birre acide tradizionali tedesche, a volte con fermentazione mista.

Il terroir della birra
Come nel vino, anche nella birra la fermentazione spontanea riflette il carattere unico di un luogo — il suo “microclima microbiologico” — e dà vita a birre irripetibili altrove.
In un mondo in cui tutto tende al controllo e alla replicabilità, come nel caso delle birre commerciali, le fermentazioni spontanee sono un atto di fiducia nella natura, nel tempo e nella tradizione. Un patto silenzioso tra il birraio e l’ambiente in cui lavora, dove il tempo, l’aria e le “bestioline” scrivono ogni volta una storia che ci piace.
P.S.Questo articolo ha virato verso il lambic, tradendo un po’ la premessa. Sorry.