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Oltre la birra a Portland: Cocktail in lattina, Sidri e Kombucha

Tra le generazioni più giovani si stanno affermando nuovi drink e nuove fermentazioni. È un fenomeno che si percepisce sempre di più e ha iniziato ad impattare sulle scelte commerciali dei birrifici. Cominciamo a vederne tracce anche da noi. Ovviamente non riguarda tutti i giovani, ci sono tante eccezioni, qui parliamo di tendenze che però sono interessanti da approfondire.

Un po’ si assiste a una sorta di “ribellione generazionale” che porta la gioventù a cercare alternative a quelle che erano le abitudini dei genitori. D’altronde noi abbiamo scelto la birra artigianale quando tutti, o quasi, i nostri genitori bevevano il vino.

Un’altra ragione (sacrosanta, direi) è che in linea di massima c’è una tendenza ad adottare stili di vita più sani, bere meno alcol e assumere meno zuccheri. Tendenza che riguarda un po’ tutti, a cominciare dai giovani. Un’inclinazione che si apprezza già da un po’ di tempo a preferire bevande senza zucchero e a zero calorie che si traduce anche in drink fatti con estratti naturali, dove le calorie sono ben evidenziate in etichetta e ti ci casca l’occhio per forza quando sei a comprare. E allora i produttori cercano di stare più bassi possibile: di alcol (quando possibile), di zuccheri, di apporto calorico. E al tempo stesso di uscire sul mercato con nuovi drink che siano accattivanti e facciano venir voglia di bere.

Noi siamo abituati a guardare alle tendenze americane come anticipatrici di quello che poi diventerà tendenza anche in Italia. Approfondire un attimo queste bevande alternative alla birra secondo me merita. Sta cominciando anche da noi la diffusione sempre più massiccia delle birre artigianali senza alcol, e ci sono sempre più produttori che si sono buttati anche sui sidri e gli hard seltzer, per esempio.

Viaggio a Portland Aprile-Maggio 2023

Fine Aprile 2023, trascorro qualche giorno in Oregon, dopo aver partecipato alle sessioni di degustazione della giuria della World Beer Cup. Portland offre un panorama birrario ricchissimo, vale la pena visitarla. Tra le varie visite ne approfitto per gettare lo sguardo oltre la birra.

Attraverso la parte nord di Portland camminando fino a un hub di piccole aziende lungo una ferrovia. Qui, a pochi metri l’una dall’altra, visito tre realtà molto diverse, alternative alla birra che stanno prendendo campo negli States: cocktail in lattina, sidri e kombucha. Vengo accolta in ciascuna azienda con molta gentilezza, qui il denominatore comune è la gioventù. Trovo tutti ragazzi entusiasti che fanno dei prodotti interessanti, innovativi con un occhio a tutte le cosine che scrivevo nella premessa. Sono un’altra generazione, i figli di quei birrai che hanno fatto la craft revolution.

Cocktail in lattina Straightaway

Straightaway

Il primo posto fa cocktail in lattina e si chiama Straightaway. Non è facile da trovare; there are two big roll up doors, you can enter through the door on the left mi ha spiegato il mio contatto. Ovviamente giro mezz’ora sotto un sole agostino, anomalo per questo periodo dell’anno a Portland. Alla fine scorgo i due bandoni e mi rendo conto di essere in un posto pieno di aziende “giovani”, non solo le tre che sto per visitare. Ci sono produttori e grossisti di caffè, tè, gin, vini e altro. Praticamente dappertutto vedo tavole da surf, biciclette, borracce dell’acqua colorate. Entro per sbaglio in una porta e ci sono dei ragazzi che fanno teatro. Intuisco che il posto tra qualche tempo sarà ben più frequentato di adesso, è un work in progress, si presta all’accoglienza e ci vedo bene anche qualche festival.

Straightaway

Finalmente inquadro i due bandoni ed entro da quello a sinistra, come da istruzioni. Straightway è nel pieno della produzione, forse gli rompo anche un po’ le scatole. Però sono gentilissimi, io cerco di trattenermi il meno possibile. Dentro ci sono cinque o sei ragazzi, l’ambiente è affollato da un bel po’ di serbatoi belli alti. Chiedo delle birre, non so perché ero convinta che facessero anche quelle. Invece no, non fanno birre, ma cocktail in lattina, una cosa che va tantissimo negli USA ma sta prendendo piede anche da noi.

Sembra una piccola azienda, in realtà hanno un mercato già molto ampio. Sono tutti drink a base di polpa di frutta e botaniche selezionate da loro, senza conservanti né coloranti. Succhi e polpe di frutta fresca, alcol e nient’altro. Mi dicono che i loro prodotti sono presenti in 20 stati americani, che utilizzano frutta selezionatissima che arriva lì già lavorata. Inoltre si servono di ben 85 botaniche differenti accuratamente scelte da loro. Sono nel pieno del lavoro, un ragazzo apre una confezione dietro l’altra di polpa di mango e la butta in un tinodove poi aggiungerenno l’alcool.

Straightaway

Dappertutto bancali di lattine, di ogni genere. Dicono che si stanno espandendo e in effetti c’è un gran fermento in tutti i sensi. Mi fanno assaggiare il loro spritz che è giallo perché non usano coloranti, ma solo polpe e succhi di frutta e aromi naturali. Mi spiegano l’origine del nome: Apicco spritz perché per legge non possono chiamarlo “aperitivo”. È fresco, grape based, a base d’uva, con botaniche originali che richiamano lo spritz ma anche qualcos’altro di completamente diverso. E la stessa personalizzazione la ritrovo anche altrove, per esempio nel vermouth, vinoso e speziato, dolce al palato, note agrumate e amaro sul finale. Differente dai vermouth che bevo di solito, rimango un attimo perplessa, ma deve essere così, non sono io il target del loro mercato.

Sidro di mele Swift Cider

Swift Cider

Esco e attraverso il piazzale. Nell’edificio di fronte entro in Swift Cider, sidreria aperta dal 2015. Ambiente grande, qui c’è la taproom che stanno riaprendo in questo momento per un evento in serata, dopo un periodo di chiusura. Producono una quarantina di tipi di sidro di mele, di cui 12 sono in produzione continua e gli altri stagionali.

Sono sidri aromatizzati, non solo in purezza, fatti utilizzando solo frutta al naturale. La produzione è piccola 100.000 galloni all’anno, ovvero circa 3.785 ettolitri, suppergiù come un piccolo birrificio “medio” italiano. Mi accoglie il titolare, Aidan, che ha cominciato a fare sidri e root beer fin da dopo il college. Poi ha aperto questa sidreria.

Swift Cider

Sono interessanti le combinazioni. Mi regala una lattina che stupidamente dimentico lì e invece avrei voluto riassaggiarla più tardi. Assaggio Honey crisp, blend di mele fermentato con lievito da champagne. Chiaro, secco, gradevole, da aperitivo in centro. Fanno fermentazioni spontanee e blend di mele, cider apples. “Degusto” per sbaglio anche una spina con l’acqua di pulizia dei tubi, come ho detto stanno riaprendo oggi la taproom e sono ancora sistemare.

Swift Cider

Assaggio Kweik Mac con Machintosh apple, la mela che ha dato il nome al “quell’altra azienda”, qui fermentata con Norvegian Kweik. Fresco, tropicale, aroma di drupe… Le mele macintosh sono molto aromatiche, pulite. Il risultato è un gran profumo, nitido con suggestioni tropicali. Il sidro mi piace un sacco e sarei rimasta voltentieri a provare tutto, ma ringrazio, saluto Aidan e mi dirigo verso la terza e ultima tappa del giorno.

Il tè fermentato: Happy Mountain Kombucha

Happy Mountain Kombucha, Portland OR

La kombucha, il tè fermentato, è una bevanda che io trovo deliziosa e ganzissima. Può essere prodotta che a casa, basta avere un barattolo e uno scoby. Scoby è un acronimo che sta per Symbiotic Culture of Bacteria and Yeast – ovvero “coltura di batteri e lieviti che vivono in simbiosi tra loro” in grado di fermentare questa bevanda delicata che mi piace molto anche se in Italia si fatica ancora a trovare. In pratica lo scoby per le produzioni casalinghe di kombucha è un disco tra il gelatinoso e il gommoso, piuttosto viscido, del diametro di un barattolo e alto mezzo centimetro e di un colore beige.

Happy Mountain Kombucha, Portland OR

Qui a Portland c’è questo stabilimento gestito da una coppia di giovani: Happy Mountain Kombucha. Non mi fanno vedere la zona di produzione, e mi dispiace molto perché ero curiosa di vedere le dimensioni di uno scoby usato commercialmente. La ragazza allarga le braccia per darmi un’idea delle dimensioni e mi fa vedere il palmo della mano per lo spessore. Peccato, avrei voluto vederlo dal vivo. Segue una degustazione davvero piacevole di alcune kombucha, pochissimo, per niente alcoliche, delicate, leggermente dolci. Fatte con un garbo che diventa quasi eleganza. Da bere a litri. Hanno una kombucha luppolata, fatta con Simcoe in dry hopping. Le etichette riportano le varie montagne dell’Oregon, e ci sono pure le coordinate per raggiungerle, come si suol dire: just in case.

Happy Mountain Kombucha, Portland OR

Assaggio Huckleberry Kombucha fatta con il dry hopping di Simcoe. Squisita. Huckleberry non è il personaggio di Twain, ma una bacca che cresce in questa parte del paese. Se ho ben capito una bacca simile al mirtillo. Aroma nuovo per me, molto delicato, mi pare una versione del giuggiolo. La ragazza mi racconta l’azienda e la produzione, mi fa vedere le bottiglie e mi parla dei prodotti con un entusiasmo che mi ricorda i primi birrifici artigianali che andavo a visitare tanti anni fa.

Esco dalla mia visita contenta, ho percepito energia, passione e voglia di fare cose nuove. Ho assaggiato tutte cose interessanti, alcune molto buone.

Come scrivevo all’inizio ho la netta sensazione che quel posto esploderà e mi piacerebbe tornarci tra qualche anno per vedere se ho ragione o no.

 

 

 

 

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Francesca Morbidelli

Mi chiamo Francesca Morbidelli, sono tra i fondatori della Pinta Medicea. Dal 2007 scrivo di birra su questo blog e ne gestisco le varie emanazioni social. Sono docente e giudice in concorsi birrari da ben oltre un decennio, e collaboro sia con MoBI che con Unionbirrai. My beer resume (in English). Amministratrice del sito La Pinta Medicea. Contatti: francesca [at] pintamedicea.com - Twitter: @pintamedicea - LinkedIn Francesca Morbidelli.

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