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Birre in fondo al mare dall’Ottocento: migliaia di bottiglie sui fondali al largo della Scozia

Il naufragio della Wallachia

Wallachia è il nome di un antico piroscafo a vapore inglese che, alla fine dell’Ottocento, percorreva la rotta del Mar Nero.

Il 29 settembre 1895, in una giornata nebbiosa, la Wallachia salpò da Glasgow diretta ai Caraibi. Al timone c’era il capitano Walton con un equipaggio di una ventina di persone. Nella stiva, un carico composto da whisky, gin, birra, acidi, oggetti in vetro e terracotta, oltre a materiali da costruzione e calzature.

Col passare del tempo, la nebbia diventava sempre più fitta e la navigazione sempre più difficile, finché la nave si arrenò. Grazie alla marea crescente, l’equipaggio riuscì a liberarla e a rimetterla in navigazione. Tuttavia, la fitta nebbia che avvolgeva il piroscafo consentiva solo di procedere a tentoni.

Quando il capitano si rese conto della presenza dell’enorme nave norvegese Flos, era già troppo tardi per correggere la rotta. Wallace fece appena in tempo ad ordinare di abbandonare il castello di prua, e la Wallachia andò a schiantarsi nella Flos.

Le due navi rimasero attaccate, e il capitano ordinò di spingere i motori al massimo per evitare che la prua si allontanasse. Nel frattempo, calavano in acqua le scialuppe. Quando tutti furono in salvo, la Wallachia si staccò dalla Flos, iniziò a imbarcare acqua e infine affondò col suo prezioso carico.

Il relitto e i suoi tesori

Da allora il relitto giace in posizione eretta, appoggiato su un fondo fangoso, a 34 metri di profondità nella baia antistante Glasgow.

Fu solo verso la fine degli anni Settanta del secolo scorso che il relitto della Wallachia venne localizzato da un club di sub dilettanti della zona. Da allora, la nave è stata esplorata numerose volte, e i subacquei hanno mappato i tesori che custodisce.

In particolare, a noi interessano le stive del ponte posteriore, poiché sono quelle che contengono migliaia di bottiglie di birra.

Molti tappi sono incisi con il nome del produttore: McEwan’s, un birrificio scozzese oggi proprietà di Marston’s Brewery. Inoltre, il relitto contiene anche birre marchiate Bass Brewery.

Una bottiglia di McEwans Stout recuperata dal relitto della Wallachia
Una bottiglia di McEwans Stout recuperata dal relitto della Wallachia (fonte: scottishshipwrecks.com)

Le birre nelle stive del relitto e i ceppi di lievito dal passato

Birrifici abbandonati e relitti sommersi sono il luogo ideale per cercare di riportare alla luce dal passato i vecchi ceppi di lieviti dimenticati. Abbiamo già raccontato una storia simile, di birre recuperate da un relitto dopo 200 anni dall’altra parte del mondo, e di come siano stati utilizzati quei lieviti antichi per brassare nuove birre.

Anche nel caso della Wallachia, l’interesse è rivolto ai lieviti contenuti in quelle bottiglie rimaste al buio, al fresco e in condizioni stabili per più di cento anni. Una situazione ideale, interrotta da un sub amatoriale – Steve Hickman – che ha sfidato il fango limaccioso, riuscendo a recuperare qualche bottiglia dalla pancia del relitto.

Hickman è un sub esperto che ha iniziato ad esplorare la nave fin dagli anni Ottanta, riportando alla luce decine di bottiglie di whisky, gin e birra. Non è il solo ad averlo fatto, poiché alcuni reperti si trovano facilmente in vendita online. Questa volta, però, le birre recuperate sono finite in Inghilterra, nel laboratorio, anzi: nel Brewlab dell’Università di Sunderland, per l’estrazione del lievito vivo.

Gli scienziati hanno poi usato quel lievito nel tentativo di ricreare la birra originale.

Le analisi hanno inoltre rivelato che quelle birre contengono un tipo di lievito insolito che è tuttora in fase di studio. Gli addetti stanno valutando se questo ceppo, perduto da un secolo, possa ancora avere delle opportunità nella produzione di birra, nonché dare il suo contributo al miglioramento delle birre di oggi.

Una delle bottiglie di birra recuperate dal relitto della Wallachia: King's Ale Bass
Una delle bottiglie di birra recuperate dal relitto della Wallachia: King’s Ale Bass (fonte brewlab.co.uk)

Ma le birre del relitto sono buone da bere?

Quando Steve Hickman ha iniziato a recuperare le bottiglie dalla Wallachia, negli Anni ’80, la birra era ancora “quasi” bevibile.

Racconta di aver aperto alcune bottiglie che all’epoca avevano quasi 100 anni, e di averne apprezzata la schiuma densa e cremosa, quasi come quella della Guinness. Ma qui finisce la meraviglia. “Aveva l’odore più atroce,” dice Hickman. “Una sorta di odore salato e putrefatto. Penso che sia la descrizione migliore.” E aggiunge che neanche il sapore era buono.

Quelle bottiglie riservavano altre sorprese. Hickman racconta che esplodessero con molta facilità. Riportandole in superficie, mentre si adattavano alla pressione del livello del mare, i gas all’interno dei recipienti si espandevano e, di tanto in tanto, mandavano in frantumi il vetro.

Hickman ricorda che una bottiglia appena recuperata e lasciata sul tavolo della cucina scoppiò, spruzzando dappertutto birra puzzolente e in decomposizione. Per fortuna lui si trovava in un’altra stanza.

Oggi sono passati altri quarant’anni da quei primi assaggi, e la birra nel relitto si è ulteriormente deteriorata.

Come sono le birre ricreate dai lieviti antichi della Wallachia?

Alcuni compagni di immersione di Hickman hanno avuto l’occasione di assaggiare la birra fresca, ricreata utilizzando i ceppi di lievito isolati dalle vecchie bottiglie della Wallachia. Gli scienziati del Brewlab, infatti, hanno trascorso anni a studiare non solo i ceppi di lievito, ma anche le tecniche di produzione.

C’è la testimonianza di Andy Pilley, geometra e subacqueo dilettante che faceva parte delle spedizioni per recuperare la birra dal relitto e che ha provato il risultato: una birra stout da 7,5% che descrive come ‘cioccolatosa’ e ‘caffeosa’.

Ma di quali lieviti si tratta?

Le analisi genetiche sui ritrovamenti hanno individuato due diversi tipi di lievito: Brettanomyces e Debaryomyces, la cui combinazione è interessante e potrebbe ispirare delle innovazioni nell’industria della birra di oggi, dicono dal laboratorio. Dopotutto la produzione della birra è un atto di equilibrio (e controllo).

 

Fonti

 

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Francesca Morbidelli

Mi chiamo Francesca Morbidelli, sono tra i fondatori della Pinta Medicea. Dal 2007 scrivo di birra su questo blog e ne gestisco le varie emanazioni social. Sono docente e giudice in concorsi birrari da ben oltre un decennio, e collaboro sia con MoBI che con Unionbirrai. My beer resume (in English). Amministratrice del sito La Pinta Medicea. Contatti: francesca [at] pintamedicea.com - Twitter: @pintamedicea - LinkedIn Francesca Morbidelli.