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Birra artigianale al ristorante: c’è chi non ha idea di quello che sta facendo, ma lo fa lo stesso solo perché va di moda

Premessa scontata, che sa un po’ di disclaimer, sorry. Le birre artigianali ormai si trovano un po’ dappertutto, si sa. Ci sono tanti ristoranti che hanno imparato a lavorarle e fanno attenzione alla qualità di quello che servono e di come lo servono.

Molti altri locali, invece, tengono birre artigianali solo perché sono di moda e la gente le chiede.

In queste situazioni capita troppo spesso di vedere la nostra bevanda ingiustamente bistrattata. Prodotti validissimi di microbirrifici “top”, conservati e serviti in un modo avvilente, sia per il cliente che spende soldi, sia per l’artigiano birraio che vede il suo marchio mortificato da una gestione sciatta del prodotto.

Fine premessa. Adesso il racconto del “fattaccio”.

Durante una cena tra amici birrofili della prima ora, quasi tutti bevitori regolari ed esperti di birre di qualità, abbiamo sperimentato un’antologia di ciò che un ristorante non deve fare se lavora la birra artigianale. A posteriori, anche un’esperienza interessante, tra la spocchia del ragazzo addetto alle birre, un servizio poco adeguato e birre arrivate al tavolo in cattive condizioni.

Attenzione: ci sono stati problemi solo sul lato birrario, per il resto non c’è stato niente da eccepire. E questo particolare mi fa incavolare ancora di più.

Ma andiamo per ordine, ovvero dall’arrivo al tavolo della carta delle birre, una lista piuttosto discreta di referenze italiane e straniere. La cameriera però non ne sapeva granché. Anzi, non ne sapeva quasi nulla, i gestori non si erano sprecati a darle neanche un’infarinatura grossolana.

Conoscendo la materia, abbiamo ordinato in autonomia e dato delucidazioni ai commensali che necessitavano di spiegazioni o dritte per gli abbinamenti. Ma una tavolata con persone meno addentro l’argomento come se la sarebbe cavata?

First shock.

Quando le bottiglie sono arrivate al tavolo erano tutte già aperte e versate per metà nei bicchieri. Attimo di sconcerto, scambi di sguardi perplessi, seguiti da inalazioni prudenti sperando di non individuare “blend clandestini”. Non era il caso, ci mancherebbe, ma se la birra arriva al tavolo già aperta e “sbicchierata” per metà, allora è legittimo che per un attimo baleni in testa il pensiero che il bicchiere possa contenere avanzi di birre mischiate assieme.

Anche per più di un attimo, dai.

Il binomio gushing e lavandino
Il binomio classico gushing e lavandino

 

Abbiamo domandato il motivo di una tale “particolarità” nel servizio.

La cameriera non sapeva che rispondere e ha chiamato il ragazzo addetto alle birre (o comunque al bar del locale) che non si è scusato, ma ci ha spiegato che in quanto birre artigianali è possibile che all’apertura rilascino schiuma. Anzi, potrebbero proprio spruzzare. Per questo le aprono dietro le quinte e le portano in tavola già mezze versate nei bicchieri. Per evitare sorprese.

Al tavolo c’è stato un attimo di gelo.

Abbiate pazienza, “fare schiuma” è un difetto che si chiama gushing e spesso indica un’infezione. Se ordino una birra artigianale voglio che mi venga aperta davanti agli occhi, proprio per rendermi conto di che cosa sto bevendo e se è tutto a posto.

Le sorprese non sono finite qui. All’assaggio, infatti, le birre erano quasi tutte ossidate. Alcune presentavano anche altri sentori poco gradevoli. Non importa la provenienza delle birre da birrifici diversi, il cartone bagnato pervadeva la tavola. Se la birra è vecchia è facile che sia ossidata e se lo stesso difetto riguarda bottiglie di marche differenti tra di loro, allora è praticamente certo che siano state conservate male.

È poi bastato dare un’occhiata alle etichette delle bottiglie sul tavolo per renderci conto che molte erano scadute. E neanche da poco. Incredibile, il ragazzo addetto al servizio ha commentato dicendo solo che sì, lo sapeva che le birre erano scadute. Che sagoma!

Io avevo ordinato una bassa fermentazione di un birrificio artigianale che notoriamente è un modello di attenzione e cura del prodotto, ma quel ristorante me l’ha servita: aperta, già versata per metà, ossidata e pure scaduta da mesi. Un bel poker di errori. Lo stesso, è accaduto alle persone che erano con me, ripeto, tutti appassionati e conoscitori di birre artigianali.

Mi dispiace perché il lavoro del birrificio non è stato rispettato. Il posto dove siamo andati a cena è uno di questi locali nuovi, modaiolo e con pretese di qualità. Ma su le birre non ci siamo. Manco per nulla.

Oggi un po’ di polemica, ma ogni tanto ci sta.

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Francesca Morbidelli

Mi chiamo Francesca Morbidelli, sono tra i fondatori della Pinta Medicea. Dal 2007 scrivo di birra su questo blog e ne gestisco le varie emanazioni social. Sono docente e giudice in concorsi birrari da ben oltre un decennio, e collaboro sia con MoBI che con Unionbirrai. My beer resume (in English). Amministratrice del sito La Pinta Medicea. Contatti: francesca [at] pintamedicea.com - Twitter: @pintamedicea - LinkedIn Francesca Morbidelli.

5 pensieri riguardo “Birra artigianale al ristorante: c’è chi non ha idea di quello che sta facendo, ma lo fa lo stesso solo perché va di moda

  • Il problema che si riscontra al ristorante o in pizzeria è che spessissimo i ristoratori acquistano birre artigianali cattive in partenza, causa la poca conoscenza in materia. Da birrifici che svendono i loro prodotti di bassa, qualità beerfirm sconosciuti e addirittura produttori clandestini, oppure birre che sotto scadenza gli vengono fornite da distributori “infami”.
    Non voglio difendere la categoria ma i ristoranti non hanno una gran vendita e competenza di birra rispetto al vino quindi sarebbe meglio educare i ristoratori in materia per diffondere bene la nostra birra.

    • Certo, però a volte i ristoratori acquistano birre ottime in partenza e le rovinano conservandole/servendole in modo pessimo, come in questo caso. Inoltre i ristoratori non sono bambini, non devono essere educati, ma ci devono pensare da sé ad educarsi, magari facendo corsi, degustazioni ecc. Sempre se gli interessa vendere un prodotto degnamente, con professionalità.

  • Pretendere di educare chi serve birra di produzione artigianale è pura fantasia. Mi viene voglia di suggerire ai produttori di inserire sulle etichette, con carattere semplice ma grande : produttore, data di produzione, servire a X gradi, aprire bottiglia alla presenza del consumatore, sono gradite vostre osservazioni a info@…… inserendo il luogo di consumazione.
    Ai consumatori, se non a lui nota, ordinare prima una birra ed assaggiare. Quanto detto seleziona il produttore ed il consumatore.

  • Ciao, Noi (della luppolo brewing Co, Vancouver BC Canada) selezioniamo e scegliamo con cura bar e ristoranti che servono il nostro prodotto, per evitare i problemi di cui sopra. Siamo piccoli e possiamo permettercelo. Quello che non possiamo permetterci è di essere mal giudicati per colpa di poca attenzione o servizio scadente da parte di altri. Per migliorare questi aspetti e’ fondamentale che noi del settore si continui ad informare il pubblico e perseverare con la corretta diffusione della cultura birraia; come d’altrone fate voi con i vostri articoli sempre interessanti. Ciao e buon Natale ! Federico

  • Quella che leggo definita “polemica”, a me pare mera informazione e – aggiungo – mi dispiace che non sia stato reso noto il nome del locale, non tanto per farne una cattiva pubblicità fine a sé stessa, quanto per mettere sul chi va là altri appassionati che potrebbero – inconsapevolmente – ritrovarsi a mangiare nello stesso posto e fare la stessa esperienza.
    Quanto accaduto in generale, invece, è purtroppo un leitmotiv in cui mi imbatto – ahimé -frequentemente.
    Buone feste,

    DS

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