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Eric Wallace, birraio di Left Hand a Selezione Birra 2013

Durante Selezione Birra ho partecipato all’incontro sul tema “la scena artigianale statunitense”, presentato da Simone Monetti di Unionbirrai, con ospite Eric Wallace, birraio e fondatore del birrificio Left Hand Brewing Company. Tema dell’incontro il movimento della birra artigianale negli USA e un confronto con la scena italiana. Avevo completamente dimenticato di averlo registrato ed è stato un piacere inaspettato ritrovare il file e riascoltarlo quasi un mese dopo: una discussione ricca di spunti che secondo me vale la pena condividere in questo riassunto “al volo”.

Parlando un italiano quasi perfetto, Eric Wallace ha raccontato la storia degli ultimi vent’anni birrari americani. Fino ai primi anni Novanta, il panorama della birra artigianale degli Stati Uniti era desolato e la cultura birraria quasi inesistente: negli Anni ’70 si produceva soltanto lager industriale leggera. Dunque una situazione di partenza simile alla nostra, ma con sviluppi più “dirompenti”, fino alla situazione attuale che è emblematica e auspicabile anche per noi italiani.

Negli Stati Uniti è presente e attiva la Brewers Association che nasce dall’unione di due associazioni precedenti: la Brewers Association of America e l’Association of Brewers.
Negli anni la Brewers Association ha ottenuto grandi risultati, adesso è una lobby attiva politicamente al di là degli interessi dei singoli partiti politici e opera nell’interesse dei birrifici americani. Eric auspica per il mondo della birra artigianale la stessa unità di forze e comunione di intenti. “Sono un po’ incazzato” ha detto a proposito della frammentazione che c’è da noi.

Left Hand Brewing Company è di Longmont, nello stato del Colorado (www.lefthandbrewing.com); la storia birraria di questo stato è indicativa. Tutto ha avuto origine nel 1996, quando una quindicina di birrifici locali ha dato vita alla prima “gild”, ovvero un’organizzazione per la tutela dei piccoli birrifici indipendenti. I birrai avevano sentito il bisogno di riunirsi in un’associazione che ne rappresentasse gli interessi comuni, in seguito alle continue richieste di birra gratis da parte degli organizzatori delle feste locali. Birra che veniva fornita gratuitamente dai microbirrifici, ma che poi veniva rivenduta al pubblico. Per avere una voce unica e forte, i birrai si unirono in una “gild” che ha iniziato a interfacciarsi con lo stato del Colorado, ottenendo il riconoscimento di alcuni diritti, come la giusta retribuzione durante le loro partecipazioni alle fiere locali. Perciò un interesse in comune ha portato questi birrai a lavorare insieme e a presentarsi come un’unica voce di fronte al Governo, alle istituzioni e in seguito anche alla “grande distribuzione”.

Prima, infatti, nei supermercati si potevano trovare solo birre “chiare e leggere” (il limite era 3,2% gradi alcolici). Solo da pochi anni anche la GDO ha capito il potenziale della birra artigianale in USA: adesso le produzioni artigianali sono il 10% dell’intero mercato statunitense della birra. Tuttavia il Colorado aveva già un modello di distribuzione vincente, messo in piedi con l’aiuto dei punti vendita indipendenti (1600 e passa in tutto lo stato) che hanno difeso gli interessi, sia della distribuzione indipendente sia dei birrai, contro i tentativi di interferenza della gdo.

L’unione fa la forza, è un concetto che è stato ribadito più volte durante tutto l’incontro, i birrai uniti e i distributori locali hanno fatto quadrato con le istituzioni e sono riusciti addirittura a diventare una potenza politica nello Stato: adesso la loro unione rappresenta il 99% della produzione birraria del Colorado. C’è da aggiungere che la situazione della birra artigianale in Colorado è particolarmente felice dal punto di vista della “sensibilità delle istituzioni”. Basti pensare all’attuale Governatore dello Stato, John Hickenlooper che è stato il proprietario del brewpub Wynkoop Brewing Company di Denver: è diventato prima sindaco della città e dopo qualche anno Governatore. Un birraio occupa la massima carica dello Stato, quindi è facile attendersi maggiore sensibilità in merito di birra!

I 5 punti strategici del successo della birra artigianale negli Stati Uniti

Interrogato su quali siano stati i 5 punti strategici del successo della birra artigianale negli Stati Uniti, Eric ha risposto :

1 – un segmento del mercato da riempire;
2 – i pionieri della birra che si buttavano nel business e che sono andati in fallimento ma che hanno anche fatto da apripista agli altri;
3 – il movimento del gusto in America: pane, caffè, vino, birra… la gente ha iniziato a fare attenzione al cibo e questo ha determinato un cambiamento nel pubblico;
4- gli americani che viaggiano per il mondo e scoprono nuovi sapori, fanno esperienze in Europa, apprendono tradizioni e assaggiano birre che sanno di qualcosa e quando tornavano in america rimanevano delusi e chiedevano altro;
5- niente paura! Essendo privi di cultura di birra gli americani non hanno avuto paura di sperimentare: hanno dato vita a un’esplosione di creatività che ha portato al ricco panorama birrario che oggi tutti noi conosciamo.

Al giorno d’oggi gli USA sono diventati anche grandi produttori di materie prime. Basti pensare a luppoli americani, alla loro particolarità e al loro valore sul mercato. Inoltre il Colorado è un luogo battuto sia da turisti, sia dagli studenti universitari che: “arrivano, vedono assaggiano, apprezzano e quanto tornano a casa ricercano ciò che hanno bevuto”. Praticamente una forma di marketing spontaneo!

Le strategie commerciali di Left Hand

Parlando di strategie commerciali ci ha dato la sua ricetta semplicissima: far assaggiare le birre. Quindi partecipazione massiccia a eventi per allargare la base di pubblico e includere sempre più persone. Questa è la base del marketing. In Colorado la GDO non vende la birra artigianale e il mercato indipendente è il più sviluppato per le ragioni che ho riportato sopra. Ma secondo EW questo non è decisivo perchè negli USA la situazione è molto variabile; la presenza o meno nella GDO non fa molta differenza.

Gusto e qualità sono importanti. Poi il resto: maketing, logistica, strategia. Ma alla base di tutto ci deve essere la birra buona. Il primo obiettivo deve rimanere la produzione di birra di qualità. Poi il passo successivo è curare la distribuzione, con rappresentanti del birrificio che conoscano bene le birre e che vadano in giro a piazzare il prodotto. Left Hand Brewing Company ha 16 rappresentanti interni formati ad hoc per diffondere “il messaggio giusto” in 25 stati. Sempre nel birrificio hanno un addetto ai social media, una persona che si dedica solo a quello. Un altro consiglio è di far vedere il marchio il più possibile e nel modo più efficace possibile, utilizzando il web. L’immagine del birrificio e delle birre va curata molto, ma sempre mantenendo l’avvicinabilità al prodotto.

Infine è importante la collaborazione continua tra i birrifici e i vari club di homebrewer. Left Hand Brewing Company ospita una riunione con gli homebrewer ogni mese, perché senza gli uni non ci sarebbero gli altri; molti birrai nascono come homebrewer. Nel mercato della birra (ma non solo) il rapporto qualità/prezzo vince.

Selezione Birra c/o Rimini Fiera, domenica 24 febbraio 2013

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Mi piace molto ascoltare le esperienze birrarie degli altri paesi: le vedute si allargano e il panorma della mia bevanda preferita diventa sempre più grande. Nel caso degli americani sono sempre incuriosita perché da noi c’è la convinzione diffusa – ma non so quanto opportuna – di considerare la scena birraria italiana come una scena americana in embrione. Si dice che tra vent’anni da noi sarà come da loro adesso, un grande business, numeri e numero di estimatori in crescendo. Non so se e quanto la situazione birraria italiana futura ricalcherà quella americana, certo come dice Wallace, noi italiani abbiamo in comune con gli USA un inizio dal deserto birrario, con l’assenza di qualsiasi tradizione brassicola che ha portato a una grande creatività e libertà di azione che altri paesi, con tradizioni birrarie più importanti, non hanno.

Per quanto mi riguarda credo che in Italia sia più difficile che negli USA mettere in piedi qualsiasi tipo di business. Inoltre da noi la birra va a pestare i piedi al mondo del vino che oltre ad essere storicamente affermato, gode di regimi fiscali favorevoli (tipo il non pagamento delle accise). Da qui maggiori e innegabili difficoltà. Comunque il racconto di Eric Wallace è stato illuminante perché è in primo luogo una storia di consapevolezza birraria e di “unione che fa la forza”. Perciò mi è sembrato opportuno riproporne una sintesi qui.

Il file audio dell’incontro è a disposizione dei soci della Pinta Medicea nell’area riservata.

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Francesca Morbidelli

Mi chiamo Francesca Morbidelli, sono tra i fondatori della Pinta Medicea. Dal 2007 scrivo di birra su questo blog e ne gestisco le varie emanazioni social. Sono docente e giudice in concorsi birrari da ben oltre un decennio, e collaboro sia con MoBI che con Unionbirrai. My beer resume (in English). Amministratrice del sito La Pinta Medicea. Contatti: francesca [at] pintamedicea.com - Twitter: @pintamedicea - LinkedIn Francesca Morbidelli.